2006/05/14

Il nostro Marzo.
(Marzo degli albanesi).


Marzo 1991
Chi, di noi, può dimenticare quei giorni?
Giorni che hanno cambiato per sempre il nostro destino.
Si, si, il destino.
FUGGIRE, FUGGIRE, solo FUGGIRE.
Ho sentito qualcuno che diceva: “- Non voglio mai più vedere questa terra”.
Un altro che rispondeva: ”-Voglio solo passare il mare e dopo so io che faccio”…
Ho visto da lontano due miei amici che correvano, correvano per prendere la nave, correvano per andare via, per fuggire. Solo per un momento gli occhi miei si sono incontrati con gli occhi di uno di loro (era più di un amico). Non posso dimenticarli.
Gli occhi miei domandavano:
- Ma dove andate?
Gli occhi suoi mi dicevano:
- Ma, tu che fai?
E nessuno sapeva rispondere…
Passavano i giorni, le settimane e le strade della mia città erano ancora più vuote.
Un vuoto, per la mancanza di coloro si n’erano andati.
Un vuoto, causato da coloro, che, chiusi nelle case sentivano le notizie dai telegiornali nazionali e stranieri.
Un vuoto, che rimarrà per sempre nella nostra coscienza.
Ho visto, in quei giorni, tante facce silenziose, tanti occhi rossi dal pianto.
Ho visto, anche le vetrine dei negozi abbandonati. Mancavano “loro”, che ridevano forte – forte, anche per una piccola cosa. Mancavano “loro”, che osservavano le ragazze quando passeggiavano lungo il mare. Mancavano loro, che commentavano le novità (anche se erano poche in quei tempi).

FUGGIRE, FUGGIRE solo FUGGIRE.
- Perché questa parola sul trono diventò RE?!
Ho visto, soprattutto in quei giorni, il mare.
Il mio mare.
Quel mare: la bellezza, la gioia, la tristezza, la maledizione della mia città, della mia patria.
Ho visto…
Abbiamo visto…
Abbiamo lasciato andare lacrime per loro che ancora non sappiamo dove sono, domandando: “- Li vedremo, mai…?
I giorni passano, le settimane anche. Passano, così, gli anni.
Qualcuno torna. Sembra che il sogno sia realizzato. Torna, cercando il vecchio amore.
Qualcuno, ancora no, perché così aveva detto, anche se non sa ancora perché (?!).
Qualcuno, manda dei soldi e pacchi pieni di regali.
Qualcuno, manda una lettera scrivendo solo “tre righe”:
“Sto bene.
Aspettami.
Ti amo tanto.”
Qualcuno…
Qualcuno…
Qualcuno…
Ognuno la sua storia.
Qualche volta vera, qualche volta no.
Qualcuno che torna, qualcuno che va, passando quel mare che sa le parole mai dette…

Marzo 1997
Da un po’ di tempo si sente qualcosa (non di buono) in aria…
Anche questa volta è MARZO.
- Come mai, così maledetto, è per noi questo Marzo?
- Come maledetto? – mi dirà qualcuno. – È il mese della primavera, sboccia la vita?!
Nel mio paese, MARZO non è più il mese della primavera, è il mese maledetto, è brutto, è più nero del nero.
La storia comincia a ripetere, e questa volta ci sono tanti colpevoli.
Colpevoli, che saranno sempre condannati dalla nostra storia, dai nostri cuori e nel pianto di chi per sempre ha messo “il velo nero”.

FUGGIRE. FUGGIRE solo FUGGIRE.
Questa volta anche io con gli altri.
Tutti noi.
Noi (senza offendere nessuno), inteletuali del mio paese. Di un paese che non aveva bisogno di “intelletto”.
Eh, certo, bastava l’”intelletto” di LORO…
Questa volta non avevo occhi per nessuno.
Sulla nave eravamo, quasi, tutti conoscenti. Amici degli amici, vicini di casa, amici d’infanzia, compagni di scuola…
Ancora più vuote le strade della mia città.
Non li ho visti, li ho immaginato.
Marzo 1997.
Il più nero Marzo della nostra vita…


Marzo 2004
Quasi ogni Marzo è cosi per me…
Fa brutto tempo fuori, ma anche dentro di me.
Sono sicura di non essere sola a sentirsi così
Sono sicura, che anche coloro che hanno detto. “- Non voglio più vedere questa (quella) terra” e anche quegli altri che rispondevano: “- Voglio passare il mare e dopo so io che faccio” e anche coloro che sono ancora Là, e si sentono male come me.
Marzo 1991.
Marzo 1997.
Marzo che unisce il dolore e la delusione per la vita non vissuta,
Marzo che unisce gli sforzi, i sacrifici, senza, qualche volta, rispondere “Perché?”…

Il mio computer sa quante volte ho cercato di trovare la risposta per questo “Perché?”.
Sì, sì, il mio computer.
Così ho raccolto lettere, storie della nostra storia, come queste che seguiranno il mio sfogo.
Io non ho potuto trovare una risposta, perché penso che sono tante, ma ho anche capito che ci sono tanti miei con nazionali, che cercano delle risposte come me.




Lettera di un ragazzo albanese.

“Sono un ragazzo albanese, vivo a Milano da circa tre anni. Dopo un periodo di lavoro in un bar, adesso frequento una scuola. Ho sempre cercato di integrarmi e anche ora. Con i miei compagni di studio non faccio differenze, come loro non fanno differenze nei miei confronti. Sono straniero, ma soprattutto sono albanese:
- E allora? Che cosa vuoi farmi? Vuoi mandarmi via dall’Italia? Vuoi farti giustizia da solo, come diceva quell’articolo di giornale “Agli albanesi ci pensiamo noi”? Pensi che siamo diversi, come esseri di un altro mondo? O che siamo più cattivi, come scriveva un giornalista, che sì “meravigliava” che tanta cattiveria fosse raccolta in un popolo cosi? E che incolpava Enver Hoxha, che aveva tenuto l’Albania completamente separata dal resto del mondo per cinquant’anni? Ma, non pensa questo giornalista, che spesso uno è costretto a cogliere la prima occasione che gli si presenta davanti? Che uno entra nel giro della delinquenza perché non saprebbe come campare? Che, uno accetta di passare l’Adriatico con gli scafisti perché spesso è l’unica opportunità per arrivare in una Nazione che viene descritta come il Paese di Bengodi?
Io non voglio difendere ad oltranza il mio popolo, né disconoscere le ragioni storiche, che peraltro sono molto più profonde di quelle risalenti al comunismo: dico solo che la questione è molto più complessa di quanto sembra. La questione albanese è diventata un problema per la mentalità italiana, perché è la questione di un popolo piccolo (in tutto siamo di più o di meno 3.500.000), ma molto orgoglioso delle sue radici e che ha una chiara identità nazionale. Questa identità nazionale albanese non è riconducibile ai soliti schemi mentali dell’italiano medio né del giornalista alla moda: non è “europea” almeno nel senso più ovvio del termine; non è né anche slava, perché gli albanesi sono una popolazione autoctona nella loro patria e la nostra lingua non c’entra niente con le lingue slave.
Noi siamo discendenti degli Illiri. Capire l’Albania e le sue radici storico-culturali implicano dunque un impegno, un approfondimento che oggi è sempre più raro trovare, in quanto ci si accontenta di luoghi comuni preconfezionati. Gli albanesi sono un popolo che non solo ha vissuto cinquant’anni di comunismo(di un comunismo peggiore di quello cinese, nel quale si poteva essere ucciso perché si criticavano i prodotti agricoli del regime, per agitazione e per propaganda anticomuniste, o, come mio zio, essere uccisi perché accusati di aver rubato un pezzo di formaggio da un negozio), ma ha combattuto contro i Turchi ai tempi di Skenderbe (Scanderbeg). L’Albania, infatti, era cattolica e lottò vigorosamente contro i musulmani turchi: poi i turchi invasero la Nazione, occupandola per cinque secoli. Questo è confermato dal fatto che i turchi invasero il centro del Paese, islamizzandolo, ma non riuscirono ad islamizzare gli abitanti dell’estremo nord e dell’estremo sud del Paese, che infatti, fino ad oggi sono rimasti cattolici e ortodossi.
Vorrei solo ricordare il mio stupore di quando, appena arrivato a Milano ho visto l’Accademia delle Belle Arti di Brera: era uguale alla mia scuola all’Accademia delle Belle Arti di Tirana, che in fatti è stata costruita dagli italiani negli anni ’39-’42.
Avremo qualche legame che non sappiamo bene che sia? Chi lo può sapere? Posso dirvi solo che dopo la guerra in Albania hanno trovato rifugio tanti italiani che erano stati definiti “disertori”: Noi siamo i “disertori” del ventunesimo secolo!”
di E. K



Lettera da un albanese.

Caro Fratello J!
Non so se merito di essere tuo fratello. Sarebbe un grande onore per me averti mio gemello (sono nato nel Febbraio 1957). Ma… per me Sei più di un fratello gemello, trovato dopo 45 anni di sacrifici enormi.
Se ti avessi trovato 31 anni fa quando mi hanno ucciso mio Papà non avrei sentito cosi tanto il dolore. Dico “ ME L’HANNO UCCISO”, perché il governo non gli ha dato un visto per operarsi in Romania (l’unico paese dove potevano andare i più fortunati per curarsi).
Aveva solo 39 anni. E noi siamo rimasti in quattro. Mamma 35 anni, io (il più grande) 14, mia sorella 11 e il fratello minore 7 anni.
Ho dovuto lasciare la scuola (anche se mi piaceva tanto ed ero tra i migliori), per aiutare la mia mamma che per portare avanti la famiglia mise il “velo nero” sulla faccia e non si è più sposata. Con tanti sacrifici ho seguito contemporaneamente anche la scuola superiore tecnica per finire poi l’Università. Era il sogno del mio Papà che io diventassi un Ingegnere, ed io ho potuto “contentarLo” dopo la morte.
Sono venuto in Italia nel grande esodo del ’97 per trovare “l’AMERICA” insieme con la mia moglie(anche Lei laureata in Economia Commercio) e due bambini 5 e 2 anni. Siamo venuti come quei disgraziati che hanno ucciso ad Ottranto…

Ho cominciato da Zero per i miei figli. Ho fatto il facchino, carpentiere, fresatore, finché, due anni fa, ho trovato Il mio ANGELO. In realtà si chiama A…è uno dei pochissimi Italiani che NON CI DETESTANO.
Pensavo, che nel “paese più emigrato” del mondo non ci saremmo immigrati. Lo ricordo spesso il grande SAADI SHIRAZI, discendente d’Omar Khajam, in “Bocca dolce e bocca miele” che diceva:
“ so quanto soffre il povero orfano,
perché, quando papà l’ho perso,
orfano son’rimasto io stesso”.
Sono rimasto DELUSO fratello.
Ho trovato un’altra realtà…
Ieri ho pianto. Piango spesso fratello. Piango per i miei morti; piango per la mia gioventù: piango per il mio paese: piango quando vedo le persone che soffrono e che muoiono.
Solo tu fratello J puoi dire a quello “Maledetto Genitore Italiano” padre di un’amica di mia nipote, che ha detto a sua figlia “Vorrei uccidere tutti gli Albanesi”, che è un peccato toccare i fiori bianchi della primavera, è un peccato andare a dormire senza domandare a se stessi “cosa ho fatto di sbagliato oggi”. E la mia nipote, fratello J, ha pianto di nascosto solo perché …”LEI è UN ALBANESE”.
Nonostante “le brutte” parole che ho detto nella mia lettera, Io ammiro l’Italia, con tutti i suoi difetti e dico GRAZIE CON TUTTO IL CUORE all’Italia di DANTE, di DA VINCI e di TE fratello J.
MIRE U PAFSHIM. (arrivederci)
E.B. Vicenza.



_ Chi di noi ( albanesi) non si trova in questa lettera?
Anche questa è la nostra storia. La storia della “dittatura” di ieri e della “democrazia” d’oggi…
Il pianto ci fa bene, ci sfoggiamo così. Sfoggiamo la rabbia che c’abbiamo dentro l’anima. Sfoggiamo la delusione, ci liberiamo per fare un bel respiro, che ci darà la forza per andare avanti, per guardare meglio il nostro futuro.
Così, abbiamo qualcosa in più da dare ai nostri figli.
Così, possiamo trovare la forza di raccontarli, sempre, la nostra vita. Così, possiamo trovare le risposte perché quel Genitore italiano “vuole uccidere tutti gli albanesi”. Così possiamo trovare la forza di parlare con Loro, anche dopo che hanno sentito la “cronaca nera” degli albanesi.
Hanno detto di Noi che siamo incivili, che non abbiamo la dignità nazionale.
In tutto che ho scritto non so dove ci manca la civiltà?!
E che non abbiamo dignità nazionale, non posso mandarla giù…


È Marzo 2006
18 Marzo.
9 anni fa, per la prima volta nella mia vita, mi sono vista nei panni di una “disgraziata”.
Uno che lascia la sua terra, la sua casa, le sue cose e i suoi ricordi, uno che fugge e che, ancora oggi, non sa “chi l’ha fatto fare” è veramente un disgraziato, credetemi.
Ma alla fine siamo ancora vivi.
Vivi Noi.
E gli altri?!
Il 28 di questo Marzo, sarà il nono anniversario della tragedia del canale d’Otranto (28 marzo 1997).
Un'altra tragedia da scrivere nella storia del mio popolo.
Bambini, uomini e donne, famiglie intere, che non ci sono più.
Per l’ironia di questo marzo, ancora oggi il processo, che deve verificare le responsabilità della marina militare italiane, è ancora aperto.
7 anni dopo la tragedia (nel 2004), l’associazione Skanderbeg e i famigliari delle vittime hanno proposto, che il 28 Marzo diventi la giornata del immigrato e del profugo.
No, non basta un giorno, ma né anche un mese di Marzo, che qualcuno capisce che cosa è un immigrato, un profugo, un straniero…
Stranieri.
Stranieri di due terre, di due patrie.
Una, la patria dove siamo nati e cresciuti, la patria, che come dice il nostro poeta del rinascimento, il fango è più dolce del miele.
L’altra, dove ci sforziamo di costruire una vita degna per noi e i nostri figli.
Marzo di dolori, di delusioni per la vita non vissuta.
Marzo di ….
Alla fine qualche risposta ce…

Ho voglia di partire
Partire per casa mia.
Casa mia?!
Ma che dico?!
Ma, io sono a casa mia.
Casa mia qua.
Casa mia là.
Mi devo sentire fortunata o …?!


["il galletto" 11 marzo 2006]

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